🧠La grande fuga dell’intelligenza: perché l’America perde cervelli e l’Europa può (forse) guadagnarli - #67
Un secolo fa, l’Europa ha lasciato partire i suoi cervelli. Oggi, può farli tornare. A patto che non li accolga con contratti a termine, fogli excel da compilare e computer con i floppy disk.
🧠Mentre gli Stati Uniti tagliano i fondi alla ricerca, restringono i visti e politicizzano le università (dannosissimo l’attacco ad Harvard), qualcosa di impensabile accade: i talenti tech iniziano a lasciare l’America. L’Europa ha finalmente un’opportunità storica: invertire il flusso. Non più “fuga dei cervelli”, ma ritorno. Non basta dirsi “hub dell’innovazione”. Servono super-grant, visione, libertà accademica… e sicuramente anche un po’ di coraggio. In SuperPost analizzo cosa sta succedendo alla mobilità dei talenti nell’intelligenza artificiale, la risorsa più preziosa, perché Big Tech resta un magnete irresistibile, e cosa può (davvero) fare l’Europa per non trasformare una grande occasione in un’altra promessa mancata. Spoiler: “Per avere risorse di calcolo basta staccare un assegno. Per attrarre un talento, serve molto di più.” Se l’Europa non coglie questa opportunità, non potrà lamentarsi quando i suoi migliori cervelli saranno occupati a sviluppare l’ennesima app di food delivery o l’ultimo filtro social per farci più belli.
📽️E’ arrivato VEO 3 di Google e promette una nuova rivoluzione negli applicativi di generazione video. In SuperVideo alcuni straordinari esempi, mentre in SuperNews le ultime sule potenzialit’ benefiche di Neurolink, gli accordi geopolitici USA-Emirati Arabi basati sull’IA e l’ultima legge americana contro i deepfake.
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SuperPost
🧠È la risorsa più preziosa nel settore tecnologico. Nessun capitale economico, potenza di calcolo o semiconduttore può sostituirla. Sto parlando della creatività, dell'ingegno e della capacità di innovare che derivano esclusivamente dall’intelligenza umana. Le menti brillanti che lavorano su frontiere tecnologiche come l'intelligenza artificiale, la robotica e il quantum computing rappresentano il vero vantaggio competitivo di aziende e Paesi. Investire in talento significa garantirsi non solo innovazione, ma anche una leadership economica e strategica duratura a livello globale.
Eppure gli Stati Uniti, nonostante il primato tecnologico, rischiano seriamente di perdere il vantaggio dell’intelligenza. Negli ultimi mesi, l’attrattività americana per i ricercatori e i talenti dell’intelligenza artificiale ha subito una crisi senza precedenti: un nuovo rapporto di Semafor mostra che il tasso di talenti nel campo dell'IA che lasciano gli Stati Uniti è ormai pressoché pari a quello di coloro che vi entrano.
Tra le cause principali troviamo:
Tagli ai fondi federali per la ricerca. Gli investimenti pubblici si stanno riducendo, in particolare in ambiti politicamente sensibili come la scienza climatica e le scienze sociali. Un sondaggio di Nature rivela che tra il 75% e l’80% degli scienziati statunitensi valuta seriamente di lasciare il Paese.
Restrizioni sui visti. Le politiche migratorie sempre più rigide hanno complicato l’arrivo e la permanenza dei talenti internazionali. Il conflitto interno al movimento MAGA sul programma dei visti H-1B—difesi da Elon Musk e osteggiati dall’ala nazionalista—ha portato a un drastico calo: solo 120.000 visti approvati per l’anno fiscale 2026, il minimo dal 2021.
La ricerca di un’intelligenza “sovrana”. Come le filiere produttive, anche la formazione e la permanenza dei talenti stanno diventando una questione geopolitica. Secondo l' Hoover Institute , circa la metà dei dipendenti di DeepSeek ha studiato in Cina anziché laurearsi altrove: una netta differenza rispetto al passato. Lo stesso vale per i talenti in India, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Emblematico è il caso di Deepmind, che paga talenti top per rimanere inattivi pur di non farli andare altrove
Controllo politico sulle università. Negli anni ’30, le politiche nazi-fasciste provocarono un esodo di almeno 15.000 intellettuali verso gli Stati Uniti, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo scientifico, culturale e tecnologico americano, dal Progetto Manhattan a Hollywood. L’attacco dell’amministrazione Trump ad Harvard—con il divieto di accettare studenti stranieri—è solo l’ultima mossa in una campagna che minaccia la libertà accademica. Il rischio è una nuova forma di maccartismo che compromette la leadership intellettuale statunitense.
Dall’altro lato dell’Atlantico, l’Europa si muove. Macron ha lanciato “Choose France for Science”, offrendo cofinanziamenti fino al 50%. La Commissione Europea ha risposto con “Choose Europe for Science”: un pacchetto da 500 milioni di euro, super-grant ERC, una legge sulla libertà scientifica, visti facilitati e incentivi per giovani scienziati. L’Europa intende così diventare il continente dell’innovazione aperta, collaborativa e al servizio dell’umanità. Anche l’Italia ha fatto la sua parte con uno stanziamento di 50 milioni per attrarre ricercatori ERC all’estero.
Siamo quindi in grado di vincere la battaglia dei talenti?
Attenzione: servono riforme strutturali e investimenti sistemici. Non basta accogliere, serve trattenere.
● Attrarre senza penalizzare i ricercatori locali. Alcuni scienziati francesi hanno sollevato timori riguardo le condizioni salariali e lavorative nazionali, sottolineando che l’Europa deve migliorare globalmente il proprio ecosistema della ricerca per garantire benefici duraturi.
● La questione salariale. Negli USA, gli stipendi medi vanno da 70.000 a 200.000 dollari. In Europa, molto meno. E la differenza si sente.
● Lo scarso dividendo politico della scienza. I benefici della ricerca si vedono dopo anni. Troppo tardi per molti politici, che preferiscono risultati rapidi.
● Serve un Centro europeo per l’IA. Giorgio Parisi propone un “CERN dell’intelligenza artificiale”. Il punto fondamentale è mettere gli scienziati in contatto, farli lavorare nello stesso posto, farli discutere.
● Il nodo pubblico-privato. Negli Stati Uniti il legame consolidato tra università e industria consente una contaminazione virtuosa: le imprese investono per ottenere soluzioni concrete e i ricercatori orientano parte dei propri sforzi su tematiche ad alto impatto applicativo. Questo meccanismo non è esente da distorsioni (soprattutto per la ricerca di base), ma contribuisce a generare ecosistemi dinamici, ben finanziati e capaci di trattenere il talento. In Italia e in altri Paesi europei, al contrario, la debolezza strutturale del rapporto tra accademia e mondo produttivo si somma a una cronica scarsità di risorse e a infrastrutture spesso obsolete. Questo limita la possibilità di fare ricerca avanzata, scoraggia il rientro dei cervelli e rende poco attrattiva l’offerta complessiva per chi proviene da sistemi più dinamici.
● Big Tech resta un polo attrattivo. Nel 2024, le cinque principali aziende tech USA hanno investito 229 miliardi di dollari in R&S. La ricerca pubblica europea? Circa la metà. Le Big Tech offrono non solo stipendi competitivi, ma anche accesso a risorse tecnologiche avanzate, progetti di ricerca all'avanguardia e un ambiente lavorativo dinamico.
Eppure, l’Europa ha una chance storica per colmare il divario tecnologico accumulato negli ultimi decenni. Il talento umano è la risorsa più scarsa e preziosa dell’era digitale: nessuna quantità di denaro o hardware potrà mai compensare una carenza di cervelli capaci di innovare. Per avere un supercomputer basta staccare un assegno, per attrarre e formare un talento molto di più.
Il settore pubblico è un elemento fondamentale e centrale dell'ecosistema dell'innovazione. Quasi tutto ciò che conosciamo come conoscenza classica dell'intelligenza artificiale proviene dalla ricerca accademica, che si tratti di algoritmi, metodi basati sui dati o delle prime ricerche sui microprocessori. Secondo i firmatari dell’appello “ReBrain Europe”, bisogna fare di più, proponendo la creazione di un fondo europeo da 100 miliardi di euro (finanziato con eurobond) per attrarre talenti scientifici, fondare nuovi istituti di ricerca e rilanciare la scienza pubblica in Europa. Questo piano si pone in alternativa alla visione militar-industriale da 800 miliardi della Commissione, e mira a sostenere settori strategici come AI, calcolo quantistico, cloud europeo, medicina, sostenibilità ambientale e scienze umane.
Se l’Europa non coglie questa opportunità, non potrà lamentarsi quando i suoi migliori cervelli saranno occupati a sviluppare l’ennesima app di food delivery o l’ultimo filtro social per farci più belli. Per questo serve il coraggio politico di trasformare questa crisi americana in una rinascita europea della ricerca, puntando su libertà scientifica, qualità dello sviluppo e sostenibilità.
Perché, come diceva lo storico William Spencer Cook negli anni ’30: “Hitler scuote l’albero, noi raccogliamo i frutti.” Ora, l’albero lo scuote un altro regime illiberale. Ma oggi, raccogliere non basta. Dobbiamo anche coltivare, nutrire, trattenere. Non ci serve un albero scosso: ci serve un intero ecosistema che dia radici all’intelligenza del futuro.
Un secolo fa, l’Europa ha lasciato partire i suoi cervelli. Oggi può farli tornare. A patto che non li accolga con contratti a termine, fogli excel da compilare e computer con i floppy disk. Allora sì che l’alternativa sarà quella di ritrovarci a tradurre paper cinesi.
SuperVideo
📽️E’ arrivato il momento di Google di sbalordire con il suo nuovo tool di generazione video: VEO3. La novità principale rispetto alle versioni precedenti è l'integrazione nativa di audio sincronizzato, inclusi dialoghi naturali, suoni ambientali e musica di sottofondo, offrendo così una esperienza audiovisiva completa. Quanto ci ha stupito? Vediamo alcuni esempi. Ecco un marinaio che parla, mostrato nella presentazione ufficiale di Google:
Ma poi è arrivato il turno dei creativi. Come questo video che dimostra la potenzialità dell’aggiungere il parlato:
Oppure questa finta pubblicità di una finta medicina (realizzata in due ore e che avrebbe chiesto migliaia di dollari per la realizzazione):
Infine il mio preferito: cosa succederebbe se i personaggi generati dall’IA diventassero consapevoli di vivere in una simulazione?
Un difetto? E’ accessibile solo per chi sottoscrive il piano Ultra AI, pagando almeno 250 dollari al mese.
E ora spazio alla creatività!
SuperNews
🧠[Neurotecnologie] Un paziente affetto da SLA, terzo individuo al mondo a ricevere l’impianto cerebrale di Neuralink, ha appena mostrato le straordinarie capacità del chip montato nel suo cervello: ha montato e narrato per intero un video su YouTube usando esclusivamente i segnali della sua mente. L’impianto, situato nella corteccia motoria, contiene oltre 1.000 elettrodi capaci di interpretare le sue intenzioni per controllare il cursore. Questa innovazione rappresenta una possibile rivoluzione negli strumenti di accessibilità e potrebbe, un giorno, cambiare radicalmente il nostro modo di interagire con i dispositivi digitali. Musk ha fatto anche cose buone?
❌[IA & Deep Fake] In America è diventato reato pubblicare online immagini o video intimi, inclusi i "deepfake" creati dall'intelligenza artificiale, senza il consenso del soggetto. Il Presidente Trump ha firmato il Take It Down Act: oltre a criminalizzare il revenge porn, i nudi deepfake e altre immagini intime non consensuali, la legge imporrà alle piattaforme online di rimuovere i contenuti entro 48 ore dalla segnalazione da parte dell'utente. Tuttavia, il provvedimento ha suscitato preoccupazioni tra i difensori della libertà di espressione, come l’Electronic Frontier Foundation (EFF), che segnala una definizione troppo ampia dei contenuti soggetti a rimozione e tempi stretti di risposta (48 ore), che potrebbero portare le piattaforme più piccole a rimuovere i post su semplice richiesta, senza verificarne la legittimità.
🌍[IA & Geopolitica] OpenAI ha annunciato la creazione di Stargate UAE, un gigantesco data center ad Abu Dhabi da 1 gigawatt, realizzato in collaborazione con il governo degli Emirati Arabi Uniti. Ma c’è di più: gli Emirati diventano anche il primo Paese al mondo a garantire un abbonamento a ChatGPT Plus per l’intera popolazione, un gesto che la dice lunga sull’ambizione del paese di posizionarsi come hub globale dell’innovazione. Il nuovo polo di calcolo – che verrà costruito con la collaborazione di Oracle, Nvidia, Cisco, SoftBank e la startup emiratina G42 (sostenuta da Microsoft) – sarà solo una parte di un’infrastruttura ancora più grande da 5 gigawatt, già annunciata la scorsa settimana da Donald Trump e dal presidente emiratino Mohammed bin Zayed. Ogni dollaro speso per Stargate UAE sarà accompagnato da un investimento equivalente negli Stati Uniti, in una logica di scambio strategico che punta a rafforzare l’asse AI Washington-Abu Dhabi. Con questa mossa, OpenAI si trasforma da laboratorio d’avanguardia a protagonista della diplomazia tecnologica globale. E gli Emirati confermano di essere sempre più un crocevia dove energia, capitale e futuro digitale si incontrano
🦸♀️Anche il numero #67 è finito!
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