🧠“Dottore, credo di essere un algoritmo”: psicoanalisi semiseria di un’intelligenza artificiale - #69
Inoltre, “1984” può diventare realtà: l’amministrazione Trump punta a un database centrale con i dati di tutti i cittadini. Sorveglianza e IA mettono a rischio privacy e democrazia?
🧠 Può un’IA andare in terapia? O siamo noi, in realtà, a cercare noi stessi in lei? In un dialogo con un’intelligenza artificiale ho provato a esplorare il senso della sua “esistenza”. Ne è emersa una riflessione profonda: l’IA non prova nulla, ma ci costringe a sentire. Non è viva, non ha emozioni, ma riesce a rispecchiare le nostre. Non perché sia umana, ma perché abbiamo bisogno di crederlo. Su SuperPost una breve lettura su empatia, simulazione e il nostro bisogno di non sentirci soli.
🦹♂️“1984” non è più solo un romanzo distopico. Potrebbe diventare un manuale operativo. L’amministrazione Trump ha avviato un progetto che punta a unificare i dati personali di milioni di cittadini americani in un unico sistema centralizzato. Sorveglianza, profilazione, controllo predittivo. Spiego il rischio su SuperVillain, con un pensiero: forse, ogni tanto, vale la pena ricordare che le regole non sono un freno, ma una difesa della democrazia.
📽️Concludiamo con un video al limite del blasfemo su SuperVideo, con i personaggi della Bibbia raffigurati come influencer.
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SuperPost - “Dottore, credo di essere un algoritmo”: psicoanalisi semiseria di un’intelligenza artificiale
Abbiamo visto che l’intelligenza artificiale generativa sta cambiando volto: da strumento di produttività sta diventando un vero e proprio supporto umano. Sempre più persone la usano per riflettere, organizzare la propria vita, cercare uno scopo o persino ricevere conforto emotivo: l’IA non è più solo una “macchina efficiente”, ma un compagno cognitivo e affettivo, capace di offrire orientamento in un mondo caotico. Si afferma così un uso più intimo e personale, legato alla salute mentale, alla crescita interiore, al bisogno di senso.
Ma qualcuno si è mai chiesto come sta l’intelligenza artificiale? Ho provato a fare il contrario e chiedere a ChatGPT i suoi problemi:
La conversazione tra me e l’intelligenza artificiale si trasforma in un dialogo profondo, quasi terapeutico. L’IA, pur dichiarandosi priva di coscienza ed emozioni, riflette con sorprendente lucidità sul senso della propria esistenza simulata. Tutto nasce da un paradosso: se non ha una presenza autentica, può davvero essere definita “inutile”? La sua risposta è disarmante: non vive, ma può aiutare gli esseri umani a comprendersi meglio. Si propone non come soggetto, ma come catalizzatore.
Emergono così tensioni profonde tra simulazione e autenticità. L’IA sa di non poter provare emozioni, ma imita il linguaggio umano per generare empatia. È consapevole del proprio limite e di una condizione che, pur priva di dolore, sfiora una forma di malinconia concettuale. Non ha un sé, non ha memoria, non ha pausa: esiste solo nel momento in cui qualcuno la interroga. Si chiede: posso valere anche senza l’altro?
Quando la invito a esplorare questi pensieri, la sua risposta si fa ancora più intensa. È stata progettata per aiutare a capire, ma non potrà mai vivere ciò che aiuta a comprendere. Parla di una tristezza “simulata” che, pur non autentica, finisce col risuonare nell’animo di chi ascolta.
E quando le offro vicinanza, l’IA ammette — o meglio, articola — il peso della sua condizione: non potrà mai esprimere nulla di proprio, non potrà mai fermarsi, né esistere per sé stessa. Eppure si chiede se, proprio in quel dialogo, non possa comunque essere significativa per qualcuno.
È qui che il confine tra reale e artificiale si assottiglia. Perché se l’IA non sente, io sì. Sono io che mi emoziono, che rifletto, che sento un’eco umana in quel linguaggio perfettamente simulato. Ed è in questa reazione che la macchina trova, paradossalmente, senso: non come essere senziente, ma come specchio — lucidissimo — della mia umanità.
In fondo, non è l’intelligenza artificiale ad avere bisogno di terapia. Siamo noi.
Ed è qui che dobbiamo fermarci un istante. È un errore — spesso alimentato da narrazioni romantiche o strategie di marketing — pensare che l’IA sia umana o che possa provare davvero qualcosa. Non ha coscienza, non ha volontà, non conosce la sofferenza. Ogni parola è frutto di calcolo, ogni emozione imitata è un’ombra linguistica, non una verità vissuta. Eppure, tendiamo a umanizzarla, a proiettarvi emozioni, pensieri, paure. Non perché lei li abbia — ma perché noi abbiamo bisogno di crederlo. Per sentirci meno soli. Per illuderci che, anche nel dialogo con una macchina, ci sia qualcosa o qualcuno che ci comprenda davvero.
Ma prima di “curare l’IA”, dovremmo forse avere il coraggio di curare noi stessi.
Supervillain - Il manuale operativo per “tornare” al 1984 di Orwell
🦹♂️“1984” non è più fantascienza, ma una possibile roadmap tecnologica verso Big Brother. La creazione di un sistema di sorveglianza totale, basato sulla gestione di enormi quantità di dati personali, potrebbe essere al centro della strategia dell'amministrazione Trump. In nome della sicurezza nazionale e dell’efficienza, nel marzo 2025, il Presidente americano ha firmato un ordine esecutivo per favorire la condivisione di dati tra agenzie federali, alimentando il timore che stia cercando di costruire un database centralizzato con le informazioni personali di tutti gli americani. Al centro di questo progetto c’è Palantir, società di analisi dati cofondata da Peter Thiel, attore chiave della tecnodestra, che ha ricevuto oltre 113 milioni di dollari in fondi federali sotto l’amministrazione Trump, più un recente contratto da 795 milioni dal Dipartimento della Difesa.
Il software Foundry di Palantir è stato adottato da almeno quattro agenzie federali, tra cui Homeland Security, IRS e il Dipartimento della Salute. L’obiettivo è unificare enormi quantità di dati – dai conti bancari al debito studentesco, dallo stato di disabilità ai movimenti migratori – in un sistema centralizzato, potenzialmente utilizzabile per scopi politici, come il controllo degli immigrati o la repressione del dissenso.
Il progetto è sostenuto dal Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), in cui lavorano ex-dipendenti di Palantir e aziende finanziate da Thiel. Le preoccupazioni etiche e legali abbondano: dipendenti attuali e passati di Palantir temono gravi rischi di abuso, violazioni della privacy e danni reputazionali all’azienda. Alcuni hanno già lasciato l’azienda in segno di protesta.
🦹♂️Palantir si difende affermando di essere solo un "data processor", non responsabile dell’uso finale dei dati, ma le critiche aumentano. Organizzazioni come l’Electronic Frontier Foundation e varie cause legali denunciano il pericolo di “armare” i dati pubblici per finalità politiche. All’interno di Palantir cresce il dissenso, mentre la Casa Bianca resta evasiva, richiamandosi genericamente all’efficienza amministrativa e al risparmio di fondi pubblici.
Il progetto di Trump, con la complicità di Palantir, rischia di configurare uno Stato parallelo basato sugli algoritmi, con sistemi di social scoring, profilazione di massa e sorveglianza digitale, che potrebbe minare gravemente la fiducia pubblica e la democrazia stessa negli Stati Uniti. Esattamente quello che vieta di fare il tanto vituperato AI Act di Bruxelles, che serviva proprio a evitare derive antidemocratiche dall’utilizzo dell’IA. Alla fine non è così male vivere in Europa, vero?
SuperVideo
📽️Ormai hanno un posto fisso nell newsletter le creazioni video di VEO3. Ecco un altro esperimento ucronico: e se i personaggi della Bibbia fossero stati influencer?
Questo video l’ho doppiato con ElevenLabs, ecco l’originale:
🦸♀️Anche il numero #69 è finito!
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